IL PROGETTO

Il comune di Reggio Calabria e la Caritas Diocesana hanno firmato un protocollo d’intesa per il cosiddetto “piano freddo” per i senzatetto. La gestione di tale progetto è stato affidata all’associazione Abakhi nel periodo dal 3 gennaio 2019 al 15 marzo 2019. Quella della città di Reggio è una realtà connotata da una frattura netta, contraddittoria, che vede da una parte una comunità attiva che fa rumore, che si incontra, che comunica, e dall’altra una parte di popolazione, fantasma per i più, che vive di stenti, silenziosamente, che dorme per le strade nelle serate in cui piove aspettando la brina del mattino per andare a cercare un po’ di fortuna e qualcosa con cui poter sopravvivere; sono quelle persone che nessuno ascolta, che nessuno vede e di cui veniamo a conoscenza solo quando leggiamo, sui giornali di cronaca locale, le notizie tristi sulla sofferenza e l’assideramento nei periodi delle rigide temperature. La città parallela dei binari, degli angoli periferici delle città, dei materassi ai bordi delle strade non rappresenta esclusivamente la povertà economicamente intesa, ma si estende alla rarefazione di gesti d’amore, di gentilezza e di cura nei confronti di chi si trova in condizione di estremo disagio abitativo.


SENTIRSI A CASA

Il “piano freddo”, che ha trovato attuazione nella struttura comunale della frazione di Pietrastorta, ha previsto come punto cardine dell’azione la messa in pratica del concetto di accoglienza amorevole. Per questo motivo, il primo passo è stato quello di rendere il dormitorio un luogo caloroso e familiare, per poter dare la sensazione agli ospiti di essere in una casa, seppur  temporanea, accogliente e sicura, in cui poter avere uno spazio non solo per i pochi oggetti personali in possesso ma soprattutto per il proprio bagaglio emotivo. Oltre alla necessaria e prioritaria pulizia e sistemazione degli spazi interni ed esterni, è stato immediatamente creato, grazie alla concessione di divani e poltrone da parte della parrocchia di Cannavò, un punto di raccolta comune, una sorta di salottino che potesse fungere da ritrovo dove raccontare la giornata affrontata, i tanti e diversi vissuti e in cui poter mangiare insieme come una famiglia. Il salotto ha rappresentato un posto speciale in cui sentirsi i benvenuti tra chiacchiere, programmi televisivi di cui essere spettatori e commentatori, sorseggiando una tazza di tè o caffè in attesa del proprio turno per fare la doccia e della successiva cena. Le stanze sono state attrezzate fino a creare tanti posti letto, riscaldando l’ambiente con l’utilizzo delle stufe. La prima sera ogni ospite ha trovato una brandina personale con lenzuola, coperte e, sul proprio cuscino, un cioccolatino di benvenuto. L’attenzione ai dettagli e le piccole “coccole” per ogni ospite hanno dato vita a un ambiente sereno e confidenziale in cui sono nati sinceri legami umani anche tra le persone apparentemente più lontane come personalità, provenienza e stile di vita.

IL COINVOLGIMENTO DELLA CITTA’

Per garantire la massima efficacia il lavoro è stato sinergico e su più fronti: la città si è attivata accogliendo l’idea con entusiasmo, l’Azienda Trasporti per l’Area Metropolitana ha messo a disposizione un servizio navetta per agevolare il raggiungimento della struttura da più punti della città, alcuni esercizi commerciali
cittadini, a ridosso dell’orario di chiusura, hanno donato pasti o colazioni invendute.


RISORSE DA SCOPRIRE

Un altro obiettivo raggiunto è stato quello di incrementare l’autonomia e l’acquisizione di responsabilità da parte di tutti gli ospiti stimolando alla cura degli ambienti della struttura, così azioni semplici e responsabili sono diventati momenti di crescita e convivialità: le pulizie, il bucato, apparecchiare e sparecchiare la tavola. Trenta persone, di cui venticinque uomini e cinque donne, di diverse età e di tantissime nazionalità, hanno incrociato il loro percorso con la casa di Pietrastorta e per quattro di loro il dormitorio è diventata dimora stabile fino alla conclusione del progetto. Il carico lavorativo non è stato privo di responsabilità ma ne è scaturito un messaggio di portata straordinaria: chi ha smarrito la strada, chi non ha voce e chi è relegato troppo spesso ai margini della società è un soggetto con risorse da scoprire, con una storia che merita di essere ascoltata, un’umanità che deve essere preservata e custodita.